17 giugno 1945 Antonio Canepa muore per l'indipendenza della Sicilia

UNO SCONTRO A FUOCO CON I CARABINIERI A RANDAZZO

UN TENTATIVO DI SEPPELLIRE VIVI I FERITI

A GIARRE IL GUARDIANO DEL CIMITERO SI OPPONE

ANTONIO CANEPA MUORE DISSANGUATO

La storia, a 60 anni da quel giorno, è ancora da scivere.

 

http://www.csssstrinakria.org/canepa.htm   

   

14 July 2002, crossroad Cesarò Bronte Randazzo, monument to ANTONIO CANEPA. Antifascist, combatant for the Freedom of the Italy, died for Independence of the Sicily. The SICIALIAN FLAG REMEMBERS CANEPA AND the SICIALIAN FALLEN FOR INDEPENDENCE

ANTONIO CANEPA, the 17 june 1945, in this place of fundamental interest in the viarie communications of the Sicily, came hit from the lead of the police officers and carried still alive to the camposanto for directly being buried, he died dissanguato. Canepa had said: When we are Independent the AGRARIAN ones must give their lands to us or they will give their witness to us.

   

QUI SONO RACCOLTE NOTE E ARTICOLI DEDICATI AD  ANTONIO CANEPA

sono indicati i siti da cui sono tratti gli articoli, potete cercare direttamente

 

14 July 2002, crossroad Cesarò Bronte Randazzo, monument to ANTONIO CANEPA. Antifascist, combatant for the Freedom of the Italy, died for Independence of the Sicily. The SICIALIAN FLAG REMEMBERS CANEPA AND the SICIALIAN FALLEN FOR INDEPENDENCE

ANTONIO CANEPA, the 17 june 1945, in this place of fundamental interest in the viarie communications of the Sicily, came hit from the lead of the police officers and carried still alive to the camposanto for directly being buried, he died dissanguato. Canepa had said: When we are Independent the AGRARIAN ones must give their lands to us or they will give their witness to us.

http://www.csssstrinakria.org/canepa.htm

VEDI QUESTO SITO CON LUNGO ARTICOLO DEDICATO A CANEPA

Le traduzioni sono fatte con l'ausilio di un traduttore simultaneo che tutti potete usare 


http://www.uonna.it/cronos.htm

 

 

1945 - 17 Giugno = Muore in uno scontro a fuoco con i carabinieri, in circostanze oscure, Antonio Canepa , comandante dell'EVIS . Dopo la sua morte la componente progressista del Movimento Indipendentista viene repressa e annientata e la destra della mafia e dei latifondisti prende il sopravvento.

1945 - 17 June = Muore in one shoot-out with the police officers, in dark circumstances, Antonio Canepa, commander of the EVIS. After its dead women the member progressive of the Indipendentista Movement comes repressed and destroyed and the right of the Mafia and the large estate owners she takes the windward.

 

http://www.claudiofava.it/siciliani/memoria/crono/crono.htm#1945

17 giugno - Antonio Canepa è ucciso durante un misterioso "scontro a fuoco" coi carabinieri a Randazzo (Ct). Il corpo del leader della sinistra separatista sarà ritrovato nei pressi di Giarre (Ct), a 25 km di distanza dal luogo del presunto conflitto a fuoco. La corrente separatista legata agli agrari e alla mafia non ha più avversari interni.

 

17 june - Antonio Canepa is killed during a mysterious "shoot-out" with the police officers to Randazzo (Ct). The body of the leader of the left separatista will be found again near Giarre (Ct), to 25 km of distance from the place of the presumed conflict to fire. The separatista current tied to the agrarian ones and the Mafia do not have more opposing insides.

 

http://www.psi2000.it/Sicilianismo/siciliamaltrattata.asp

 

TRATTAMENTO FATTO ALLA SICILIA IN OTTANTA ANNI DI UNITÀ ITALIANA

di Antonio Canepa – da “La Sicilia ai Siciliani!” (1944, firmato con lo pseudonimo di Mario Turri)

 

La Sicilia non si era mossa, nel 1860. O, se si mosse, dove si mosse, non fu certo nel senso unitario voluto dai piemontesi. Fu per proclamare una Sicilia indipendente, repubblicana, nella quale la povera gente potesse vivere in pace senza essere sfruttata da nessuno.
Ma questi movimenti non potevano piacere. E così, prima ancora che terminasse il 1860, Bixio, mandato da Garibaldi, dovette correre a Bronte e in molti altri paesi, con truppe non siciliane, per domare la vera, autentica rivoluzione siciliana che incominciava.
A Bronte fece fucilare cinque persone. Altrove, di più. Impose taglie e multe alla popolazione, che cercò di atterrire in tutti i modi. “Missione maledetta (confessò più tardi lo stesso Bixio) alla quale un uomo della mia natura non dovrebbe mai essere mandato!”.
Poi gli italiani scesero in Sicilia. Luogotenenti, Commissari civili, stati d’assedio e altre misure eccezionali imperversarono in Sicilia a partire dall’unificazione.
Il primo stato d’assedio fu proclamato in Sicilia nel 1862; ed esso, come disse Crispi, lasciò terribili tracce.
Nell’anno seguente, si ebbe di fatto il secondo stato d’assedio con la missione del generale Govone il quale apertamente violò le leggi dello Stato.
Sotto il generale Govone, per combattere i renitenti alla leva, i Comuni siciliani venivano cinti da cordoni militari o presi addirittura d’assalto; senza mandato di cattura venivano arrestati sindaci e consiglieri comunali; venivano presi ostaggi, comprese le donne incinte, una delle quali (Benedetta Rini, di Alcamo), quasi al termine della gravidanza, morì in carcere dopo quattro giorni di convulsioni. Fu persino applicata la pena dell’acqua!
E quanti innocenti furono martoriati! Un disgraziato operaio, Antonio Cappello, sordomuto dalla nascita, venne sottoposto alla tortura nell’Ospedale Militare di Palermo, come se fingesse d’esser muto e sordo per sottrarsi al servizio militare: sul suo cadavere si poterono contare 154 bruciature fatte col ferro rovente!
Tutti questi sono fatti. Fatti documentati. Basta sfogliare il libro di Zingali: “ Liberalismo e fascismo nel Mezzogiorno d’Italia”, volume primo, da pagina 232 in poi: ci troverete questo ed altro! E non è un separatista che scrive, badate, ma un fascista il quale è stato persino segretario federale!
Nel 1866 la pazienza finì. Il popolo di Palermo si ribellò come un solo uomo.
“Una masnada di ladroni ha governato per sei dolorosissimi anni la patria nostra. Una masnada di uomini feroci l’ha insanguinata”: così incominciava il proclama rivoluzionario del 1866.
Nella città e nella provincia di Palermo, la rivoluzione assunse, dal 16 al 22 settembre, proporzioni tali, da costringere il governo ad inviarvi sollecitamente, con la qualità di Regio Commissario, il generale Raffaele Cadorna, alla testa di due divisioni di fanteria, un reggimento di cavalleria ed una brigata di artiglieria.
E vinsero loro, i ladri e gli assassini del popolo. Fucilarono senza processo migliaia di cittadini. Mentre invece gli insorti siciliani, che avevano preso prigionieri duemila soldati, non avevano ad essi toccato un capello.
“Repressa la rivolta e ristabilito l’ordine, le cose continuarono come prima. Non una legge fu votata, non un provvedimento fu preso per portare qualche rimedio ai mali esistenti, che andavano continuamente aggravandosi”. Sapete chi scrive queste parole? Non un separatista; ma dei bravi fascisti, unitari, Libertini e Paladino, a pagina 752 della loro “ Storia di Sicilia” pubblicata appena dieci anni fa.
Nel 1875 le cose continuavano a peggiorare. Il governo italiano propose misure eccezionali di polizia contro la Sicilia. I deputati siciliani insorsero. Ascoltate quel che disse Paolo Paternostro:
“Voi parlate delle condizioni eccezionali in cui si trova la Sicilia, del malcontento che vi regna. Ma, domando io, voi che cosa avete fatto per la Sicilia? Cosa ha fatto il governo? Nulla. O tutto il contrario di quel che doveva.
Se voi date un’occhiata a tutti i servizi della Sicilia, a tutte le amministrazioni, voi troverete che dappertutto, e sempre, il governo si è condotto male.
Sceglierò qualche esempio.
Sapete voi come è stata trattata la magistratura in Sicilia?
Quando ci sono stati i pretori che non hanno voluto secondare gli ordini dell’autorità politica, sono stati minacciati, talvolta traslocati.
E dei nostri impiegati (altro esempio) che cosa ne avete fatto? Ve lo dirò in due parole.
Quando voi spedite in Sicilia qualcuno, voi fate supporre che lo mandate per castigo, come se lo mandate in esilio, e gli dite: – Andate laggiù, andate in Sicilia; poi, se vi comporterete bene, se sarete zelante, allora provvederemo.
Questi signori vanno laggiù coll’idea di trovarsi in mezzo a gente che non valga la pena di dover rispettare come tutto il resto d’Italia; e fanno dello zelo eccessivo; e diventano spesso agenti provocatori; ed accrescono il malcontento.
E dei nostri impiegati di laggiù, degli impiegati siciliani, che cosa ne avete fatto? dei piccoli impiegati, soprattutto?
Perché a un vostro prefetto è saltato in capo di fare un rapporto più o meno insolente e offensivo per la Sicilia, voi credete sul serio che molti disordini si debbano alla così detta mafia, che si sarebbe infiltrata tra gli impiegati, e ... botte da orbo, traslocazioni, sbalzando gente con uno stipendio di fame in lontani paesi, senza neanche indennità di viaggio, spostando e rovinando tutti i loro interessi.
Che ne avete fatto delle nostre ferrovie? E delle nostre strade obbligatorie? E dei beni dei Gesuiti e dei Liguorini, che erano destinati alla pubblica istruzione?
Nelle nostre amministrazioni non c’è che il disordine, il caos. E le popolazioni si abituano a pensare e a dire: – Ma questo non è un governo; le imposte se le fanno pagare; il fiscalismo ci perseguita sotto tutte le forme, ci assedia e ci tortura; ma quando si tratta di amministrare, amministrazione non ce n’è.

Che cosa si fa? Si ricorre a mezzi eccezionali di polizia, si ricorre al governo militare, invece di migliorare economicamente il paese!”.
Ecco quel che gridò in Parlamento il deputato siciliano Paolo Paternostro. Le sue parole sembrano scritte oggi. E tutti noi siciliani, oggi, potremmo gridarle al governo fascista. Ma del governo fascista parleremo tra poco.
Dopo Paternostro parlò, nello stesso senso, Colonna di Cesarò. Poi Diego Tajani. Quest’uomo, patriota, esule e volontario delle guerre d’indipendenza, era stato dopo il 1860 Procuratore Generale alla Corte d’Appello di Palermo. E poiché era un uomo onesto e senza paura, aveva sentito il dovere di spiccare mandato di cattura contro il questore di Palermo, e di mettere sotto processo il prefetto di Palermo, colpevoli ambedue di abominevoli abusi. Il governo, naturalmente, si era messo contro di lui. Egli aveva dato subito le dimissioni chiudendosi in uno sdegnoso silenzio.
Eletto deputato, fu più tardi per due volte Ministro di Grazia e Giustizia. Orbene, quando vide che la Sicilia veniva nuovamente provocata e calunniata, Diego Tajani non seppe più tacere.
Per due giorni, innanzi al Parlamento esterrefatto, espose l’una dopo l’altra tutte le ingiustizie, le canagliate, le infamie di cui il governo italiano si era macchiato: stupenda requisitoria che tutti i siciliani dovrebbero imparare a memoria!
Concluse con questo avvertimento solenne: Ricordatevi che la Sicilia è un’isola, e le isole si considerano come qualcosa di distaccato, di autonomo!
Parole sprecate! La legge contro la Sicilia fu approvata. E nuove violenze si abbatterono sulla nostra disgraziata patria.
La Sicilia è stata sempre considerata come terra nemica, terra conquistata, da conservare con la forza. Per questo motivo, nel 1875, si tenevano in Sicilia ventitré battaglioni di fanteria e bersaglieri; due squadroni di cavalleria; quattro plotoni di bersaglieri montati; 3.130 carabinieri e numerose altre forze sussidiarie, fra le quali principalmente guardie di pubblica sicurezza e guardie a cavallo!
Si giunse così ai Fasci siciliani dei lavoratori, fondati e diretti da Giuseppe De Felice. Che cosa voleva la Sicilia nel 1893 – 94? Quel che ha sempre voluto: giustizia e libertà.
Il governo presieduto da Giolitti, riversò nell’isola una moltitudine di soldati, i quali non fecero che accrescere il malumore nel popolo.
L’inevitabile accadde: sul principio del 1893, uno scontro ebbe luogo a Caltavuturo tra la folla e la truppa. La truppa osò sparare sui pacifici paesani, un gran numero dei quali rimasero uccisi.
Promise Giolitti di far aprire un’inchiesta contro i militari che avevano fatto fuoco; ma non mantenne. Al contrario, durante l’intero anno, lasciò che la polizia e l’esercito si abbandonassero a tutti gli eccessi: nelle giornate di dicembre, che furono particolarmente accanite, più di 200 siciliani vennero uccisi, mentre la forza pubblica ebbe un solo morto.
Vedendosi assassinati, i siciliani insorsero dappertutto.
Ruppero fili telegrafici; incendiarono municipi, preture, esattorie, uffici del registro e del catasto, agenzie delle imposte, archivi notarili, casotti daziari; liberarono i carcerati; tentarono di disarmare carabinieri e soldati.
A questo punto, il Re concepì la mostruosa idea di affidare a un siciliano la repressione del movimento siciliano. Crispi accettò la parte di Caino.
Proclamò lo stato d’assedio; e nominò commissario straordinario con pieni poteri il generale Morra Di Lavriano, che pochi giorni prima aveva mandato a Palermo come prefetto.
Venne richiamata alle armi la classe del 1869; e più di 40.000 uomini vennero sbarcati in Sicilia. I capi del movimento furono gettati in carcere: e primo fra tutti De Felice che, essendo deputato, non poteva neppure essere arrestato senza l’autorizzazione della Camera. I Fasci siciliani dei lavoratori (che erano ormai 166 con 300.000 associati) furono sciolti e le loro sedi occupate militarmente. Proibiti gli assembramenti e le riunioni. Istituita la censura.
Per più di sette mesi la Sicilia fu sottoposta alla legge marziale. Gli arresti si facevano senza bisogno di prove. E le condanne venivano appioppate, il più delle volte, senza che gli accusati potessero neppure difendersi.
Le accuse, del tutto immaginarie. “Avere cooperato alla emancipazione materiale e morale dei lavoratori” era un reato severamente represso!
Nel giugno 1894, più di 1800 siciliani erano stati già condannati al domicilio coatto. Molti, a pene più gravi. De Felice a 18 anni di carcere, Bosco, Barbato e Verro a 12 anni.
Alla Camera dei Deputati, Felice Cavallotti dichiarò che il governo aveva violato le leggi e lo stesso Statuto. Poi prese la parola Matteo Renato Imbriani:
“Voi (disse rivolto a Crispi) avete stracciato ad una ad una tutte le pagine dello Statuto. Avete fatto scempio di tutte le nostre libertà…
Ci sono molti che dicono: – I Borboni bombardavano. – Ma bombardavano quando una città era in piena ribellione. Ma i Borboni non hanno mai fatto tirare sopra folle inermi ed affamate…”.
La Sicilia elesse deputati De Felice, Bosco e Barbato, che languivano in carcere. L’elezione, si capisce, venne annullata.
Così continuarono le cose, male sempre, fino alla guerra. Dal 1915 al 1918 anche e soprattutto in Sicilia i contadini e gli artigiani, i professionisti e gli studenti vennero strappati dalle loro case e mandati al macello.
Ma quando la guerra finì, chiedemmo la resa dei conti. E l’avremmo ottenuta, per Dio! se questo miserabile governo fascista non avesse rinnovato un sistema di poliziesca tirannide sopprimendo le ultime libertà e raddoppiando le nostre catene.

 

 

ANTONIO CANEPA (MARIO TURRI)    

 

http://www.cliomediaofficina.it/7lezionionline/mangiameli/par6.html   

Antonio Canepa e il sicilianismo dei ceti medi

Accanto ai gruppi agrari, si segnalavano nel movimento indipendentista alcuni personaggi di tutt'altra estrazione, comunemente indicati come i rappresentanti della frazione di sinistra del separatismo, con spiccate propensioni verso idee socialiste. Tra di essi l'esponente di maggior rilievo era Antonio Canepa, caratteristica figura di intellettuale antifascista, e nel contempo professore di dottrina del fascismo presso l'Università di Catania; agente dell'Intelligence Service, teorico del separatismo, fu ucciso nel 1945, dopo una breve esperienza da guerrigliero, in un conflitto a fuoco con i carabinieri. Non sembra però che questo personaggio abbia prestato una qualche attenzione ai rapporti di produzione e ai problemi delle masse siciliane: la sua opera più nota, La Sicilia ai siciliani! era piuttosto una riproposizione alquanto piatta e ingenua dei tradizionali temi della polemica sicilianista. L'elemento caratterizzante sta nell'attenzione verso il maturare di una coscienza antifascista nell'opinione borghese. Significativo il rilievo da lui attribuito a un avvenimento del 1941, e cioè il trasferimento dall'isola, ordinato direttamente da Mussolini, di tutto il personale amministrativo di origine siciliana. Permette infatti di focalizzare meglio gli strati sociali maggiormente disponibili verso il discorso separatista, specialmente se si considera il peggioramento delle condizioni di vita dei ceti piccolo borghesi, unanimemente riconosciuto dalle fonti, in particolare dai rapporti dei questori, negli ultimi anni del fascismo.

Antonio Canepa and the sicilianismo of the middle classes Beside the agrarian groups, signaled in the indipendentista movement some personages of tutt' other extraction, commonly indicates to you like the representatives of the fraction of left of the separatismo, with detached propensioni towards ideas Socialists. Between of they the exponent of greater relief he was Antonio Canepa, characteristic figure of anti-fascist intellectual, and at the same time university professor of doctrine of the fascismo near the University of Catania; agent of the Service Intelligence, theorist of the separatismo, was killed in 1945, after one short experience from guerrilla, in a conflict to fire with the police officers. He does not seem but that this personage has lend one some attention to the relationships of production and the problems of the masses sicialian: its more famous work, the Sicily to the sicialian! one was rather flat and somewhat ingenuous reproposition of the traditional topics of the sicilianista controversy. The characterizing element is in the attention towards maturing of one anti-fascist conscience in the bourgeois opinion. Meaningful the relief from he attributed to a event of 1941, and that is the transfer from the island, ordered directly from Mussolini, of all the administrative staff of sicialian origin. It allows in fact to better focus the social layers mainly available towards the separatista speech, especially if the worsening of the living conditions of the bourgeois ranks is considered small, unanimously recognized from the sources, in particular from the relationships of the quaestors, in the last years of the fascismo.