REFERENDUM IN SICILIA

 

LE LEGGI LE FACCIA IL POPOLO SICILIANO!

libbirtà ri sprixioni!

L’introduzione degli strumenti di democrazia diretta (referendum e leggi di iniziativa popolare) nella vita politica siciliana va assunta come una emergenza del vivere civile. Sebbene intorno a questi istituti dell’autogoverno popolare -e all’Autonomia in genere- non vi sia alcuna autentica forza mentale, resta il fatto che non esistono altre vie legali perchè i Siciliani possano “parlare” in quanto tali. L’ARS non funziona non solo per la discutibile qualità politica dei suoi illustri onorevoli: la verità è che l’intero meccanismo di formazione e selezione delle classi politiche dirigenti, col perdurare spettacolarizzato e mistificato di una condizione neocoloniale del sistema Sicilia, rendono la tensione riformista un vano esercizio intellettuale: ciò malgrado occorre insistere, per carità di...Patria. In Sicilia, più che altrove, nessun sondaggio e nessuna delega elettorale potranno mai sostituirsi alla gente in carne e ossa che discute delle cose del Mondo e della Città, della propria Terra e della propria Vita... in "piazza" (che oggi vuol dire anche nuova concezione del servizio televisivo e del diritto di cittadinanza attiva).

E cominciamo dalla nostra città, dalla nostra isola, da queste piccole patrie alle quali occorre restituire identità, vuci, diritti concreti, come il diritto alla “partecipazione democratica” e alla libbirtà ri sprixioni nella propria Lingua Matri, cioè alla Parola che conta. Cosa sto dicendo di così clamoroso? Quando racconto questa Sicilia ai miei amici di mezza Europa restano allibiti! Una città come Catania, per esempio, nel suo Statuto (vecchio e, supponiamo, anche nuovo) prevede gli istituti di democrazia diretta, ma non i regolamenti attuativi, e pertanto è come se non ci fossero. La medesima questione, nella più disarmante assenza di “forza mentale”, si pone a livello regionale, cioè dell’unica “azienda-regione” d’Europa che costa il triplo di quanto produce... una “repubblica delle banane”!

Lo “Statuto di Autonomia Speciale” che dal 15 maggio 1946 istituisce la Regione Siciliana, venne conquistato soprattutto grazie al Movimento per l’Indipendenza in cui si riconosceva la maggioranza attiva del Popolo Siciliano. Questa Carta del Popolo Siciliano, via via svuotata di forza progressiva, si inscrive pur tuttavia nella serie millenaria di Costituzioni e Statuti che riconoscono la specificità della realtà siciliana e i diritti politici del nostro Popolo.

Tra le modifiche introdotte di recente allo Statuto alcune appaiono positive poiché colmano una “distrazione” degli ottimi legislatori del tempo. All’inizio del 2001, e sotto l’urgenza della promulgazione di una nuova legge elettorale che permettesse l’elezione diretta del Presidente della Regione giungeva ad esito un lungo e farraginoso iter parlamentare nel corso del quale, per inerzia, nello Statuto siciliano vengono incorporati gli istituti di democrazia diretta: referendum abrogativo, propositivo e consultivo; e le leggi regionali di iniziativa popolare (10.000 firme) e istituzionale (Comuni, Province). Per una “distrazione” questi istituti non furono concepiti nel 1946. E per un “automatismo” sono stati ora introdotti: almeno sulla... Carta. Il testo prevede infatti che l’Assemblea Regionale legiferi sulle norme di attuazione, cosa che -al di la dei proclami- non ha ancora fatto. L’A.R.S. ha il dovere di legiferare in materia, senza pasticci... la società civile siciliana ha il diritto di pretenderlo.Ce lo devono.

2002. Mario Di Mauro, direttore del giornale “Terra e LiberAzione” (www. terraeliberazione.org)